Proponendosi di chiarire il concetto formulato da M. Klein di fantasia inconscia, Hanna Segal si dichiara convinta dell’importanza di una simile spiegazione alla luce dei fraintendimenti cui sono andati spesso incontro i concetti kleiniani di oggetti interni e quelli freudiani di istanze psichiche.
Le critiche mosse alla teoria freudiana, dunque, accusata di una visione antropomorfica della struttura mentale, appaiono superflue se viste alla luce del concetto di fantasia inconscia.
Il Super-Io, spiega la Segal, non è stato teorizzato da Freud presupponendo l’esistenza di un omuncolo effettivamente contenuto nell’inconscio, ma che questa è una delle fantasie sui contenuti del corpo e della mente dell’essere umano. Allo stesso modo, la teoria di M. Klein spiega gli oggetti non in termini concreti, ma come fantasie inconsce dell’individuo circa ciò che la psiche e il corpo possano contenere. Per la Klein le fantasie inconsce sono sempre attive fin dalla nascita e dalla loro relazione con la realtà esterna si determina il carattere della psicologia di ogni individuo.
La Segal prende spunto dal saggio della Isaacs: “On the Nature and Function of Phantasy” per evidenziare i rapporti che intercorrono tra fantasia inconscia, istinti e meccanismi mentali ricordando come per la Isaacs la fantasia possa essere considerata l’espressione mentale degli istinti.
Sottolineando ulteriormente i rapporti tra la teoria di Freud e quella di M. Klein vengono citati gli studi di James Strachey nei quali si individuano due concezioni diverse dell’istinto nella teoria freudiana.
In “Istinto e loro vicissitudini” infatti Freud descrive l’istinto come “un concetto al limite al tra somatico e mentale, la rappresentazione psichica delle forze dell’organismo, ne “L’inconscio” afferma invece che “ Un istinto non può diventare mai oggetto di coscienza – soltanto l’idea che lo rappresenta può diventarlo.”
Al fine di conciliare queste due posizioni apparentemente opposte individuate nella teoria di Freud, Hanna Segal introduce la spiegazione della fantasia inconscia data da Susan Isaacs. Secondo quest’ultima, infatti, le “idee” che rappresentano l’istinto sarebbero proprio le fantasie primitive. L’espressione di un istinto sarebbe allora rappresentata dalla fantasia del soddisfacimento di quell’istinto attraverso un determinato oggetto.
Se gli istinti sono presenti fin dalla nascita, anche l’esistenza delle fantasie, ovvero il tentativo fantastico di soddisfazione degli istinti, può essere postulata come presente a partire dai primi giorni di vita. L’istinto, al limite tra somatico e psichico, può essere soddisfatto tramite una fantasia e quest’ultima può essere vissuta, allo stesso modo, come un fenomeno sia fisico che mentale. Nel bambino, fino a quando domina il principio piacere-dispiacere, l’appagamento fantastico viene vissuto come un effettivo evento reale.
L’appagamento allucinatorio di un lattante che succhia e fa rumori con la bocca immaginando di essere a contatto con il seno della madre rende possibile una sensazione somatica legata al benessere indotto dalla suzione ed una psichica in relazione alla sicurezza di avere effettivamente dentro di sé la mammella piena di latte sempre disposta a nutrirlo.
Nella stessa maniera un bambino che scalci e urli per ottenere la mammella sperimenta effettivamente di stare attaccando il seno della madre e di essere attaccato dall’interno dalla mammella da lui stesso ferita.
Se, come afferma Hanna Segal, la fantasia è una funzione dell’Io e se questa è presente fin dalla nascita perché in stretta relazione con gli istinti, è evidente che si debba considerare condizione essenziale per il funzionamento della teoria un certo grado di organizzazione dell’Io fin dalla nascita. Anticipando, quindi, i tempi dello sviluppo postulati da Freud, la teoria della Klein descrive un Io capace di formare, spinto dagli istinti e dall’angoscia, relazioni oggettuali nella fantasia e nella realtà.
Inoltre la formazione della fantasia non è una semplice fuga dalla realtà, ma una funzione dell’Io capace di far interagire mondo esterno e mondo interno del bambino.
Per spiegare come le fantasie inconsce influiscano sulla percezione della realtà, Hanna Segal porta ad esempio la possibile reazione rabbiosa alla fame da parte di un lattante che, di fronte alla mammella, se ne allontani fantasticando di averla attaccata, distrutta e resa velenosa. Il bambino, nonostante la presenza di una madre disposta a nutrirlo, percepirà un pericolo vitale determinato dalle sue fantasie inconsce circa l’oggetto seno divenuto perseguitante.
Come la fantasia può determinare il modo di percepire la realtà, così anche la realtà può scontrarsi con la fantasia. Un bambino che abbia fame e che fantastichi una mammella piena di latte che lo nutra sperimenterà un incontro forte e durevole tra la propria bontà e quella dell’oggetto appagante nel caso in cui la madre venga incontro al bisogno del figlio. Nel caso opposto il bambino, scontrandosi con l’assenza di un appagamento reale, sperimenterà la propria rabbia come più forte del proprio amore e l’oggetto cattivo come più potente di quello buono.
Risulta allora evidente come l’ambiente abbia un influenza determinante sullo sviluppo dell’individuo e come la fantasia presenti aspetti difensivi che aiutano il bambino a tollerare le esperienze negative provenienti dall’esterno e le forti angosce provenienti dal suo interno.
Considerare gli aspetti difensivi della fantasia inconscia richiede una distinzione tra questi e i meccanismi di difesa veri e propri. Il processo di rimozione, per esempio, può essere vissuto dall’individuo con una specifica fantasia relativa al processo difensivo e a ciò che egli sente di stare prendendo dentro di sé o espellendo al di fuori.
Per spiegare meglio la distinzione tra meccanismo di difesa e fantasia, Hanna Segal riporta il caso di un paziente che, agli inizi del suo percorso analitico, era solito perdere la seduta e dimenticare gran parte dell’analisi usando prevalentemente i meccanismi della scissione e della negazione.
Accadde che un giorno il paziente perse metà della seduta e che nella seconda metà spiegò di essersi perso in Loudon Road associando il nome di questa strada alle “streghe di Loudon”.
Secondo la Segal il paziente aveva scisso la situazione analitica in modo da preservare l’analista buona separandola dall’analista-strega vissuta, invece, fuori dallo studio in Loudon Road.
Alcuni giorni dopo il paziente ebbe una fantasia, vissuta con forte angoscia, nella quale egli stesso tagliava via una mammella dell’analista gettandola poi nella strada. Il processo di scissione era effettivamente vissuto dal paziente come aggressione nei confronti dell’analista, contro la mammella cattiva, tagliata via e gettata in Loudon Road.
Hanna Segal, convinta che il rapporto tra fantasia inconscia e meccanismi di dfesa possa essere osservato anche nella vita onirica, riporta due sogni di una sua paziente.
Nel primo, due figure umane simili, una in ombra e l’altra ben illuminata, sono in piedi in una stanza buia e piena di gente; solamente la figura ben illuminata può essere vista dalla paziente.
Proprio in quel periodo la paziente aveva avuto l’opportunità di vedere l’analista in una sala piena di gente e l’associazione con il sogno le aveva permesso di collegare la figura illuminata con la sua analista e con il rapporto speciale tra loro istauratosi. La paziente, dunque, di fronte alla sua gelosia e alla paura di perdere il legame aveva scisso la parte buona dell’analista e l’aveva idealizzata in una figura piena di luce che solo a lei poteva appartenere.
Nel secondo sogno una bambina seduta sul pavimento tagliava della carta con un paio di forbici tenendone per sé solamente un pezzo e lasciando che il resto venisse preso da altri bambini.
La scissione, già espressa nel primo sogno, è qui rappresentata dal tagliare e la parte buona dell’analista dal pezzo di carta ritagliato e tenuto per sé. La scissione è sperimentata in questo sogno come un attacco, come un taglio drastico tra l’analista buono e l’analista cattivo, mentre l’idealizzazione è rappresentata dal rubare e dal trattenere per sé.
Questi sogni, spiega la Segal, chiariscono come la scissione e l’idealizzazione venissero vissuti dalla paziente come un’attività intensamente aggressiva.
Hanna Segal si propone, a questo punto, di chiarire i rapporti tra fantasia inconscia, meccanismi di difesa e struttura mentale partendo dalla descrizione dell’Io come “precipitato di cariche oggettuali abbandonate” ovvero di oggetti introiettati.
A partire dalla nascita, fantasie di oggetti introiettati nell’Io accompagnano lo sviluppo del lattante e, cominciando dagli oggetti parziali fino all’introiezione di quelli interi, il mondo interno del bambino si costituisce in relazione al mondo esterno. Più precoci, però, sono le introiezioni, più distorti da ciò che è stato su di loro proiettato sono gli oggetti interni.
Man mano che il bambino cresce e che il senso di realtà ne influenza il mondo fantastico, gli oggetti interni tendono ad approssimarsi alle persone reali. Alcuni di questi vengono assimilati nell’Io e contribuiscono a strutturarlo, altri invece si costituiscono come oggetti interni separati con cui l’Io mantiene rapporti. (E’ questo il caso del Super-Io)
La struttura della personalità, dunque, è determinata dalle fantasie che l’Io ha di se stesso e degli oggetti che contiene. Se le strutture dell’Io e del Super-Io sono determinate da fantasie inconsce risulta allora possibile comprendere come l’analisi dei rapporti tra queste e le fantasie sugli oggetti possa determinare profonde modificazioni nella struttura permanente dell’Io.
Per descrivere le complesse relazioni tra fantasie inconsce, difese e struttura dell’Io Hanna Segal si avvale di un altro sogno esemplificativo portatole in analisi da un ufficiale di marina. Il fatto che il paziente fosse estraneo alle tematiche di tipo psicoanalitico conferisce al sogno un importanza paradigmatica nella spiegazione dei complessi rapporti tra fantasie inconsce, meccanismi di dfesa e struttura psichica.
Il paziente raccontò di una piramide alla cui base si affollavano rudi marinai intenti a sorreggere con le loro teste un pesante libro d’oro, base d’appoggio per un ufficiale sulle cui spalle sedeva un ammiraglio.
La frase detta dal paziente: “Questo è me stesso, è il mio mondo” permise, dopo una serie di associazioni, di identificare nell’ammiraglio il padre del paziente e di intuire che la severità di questa figura era dovuta ai suoi istinti aggressivi proiettati sul padre. La rimozione, principale meccanismo di difesa del paziente, era rappresentato nella fantasia dalla pressione esercitata dall’ammiraglio e dall’ufficiale intenti a tenere i marinai-istinti sotto il loro controllo; la struttura della personalità, invece, era chiaramente rappresentata dai tre strati sovrapposti di gerarchia militare.
Le fantasie inconsce, prosegue la Segal, oltre ad essere in relazione con quanto finora esposto, sono in stretta relazione con il pensiero e, prima che esso si strutturi in modo adeguato, permettono il controllo della tensione e il posponimento della scarica.
Proprio dalla qualità e dalla intensità della vita fantastica, inoltre, dipenderanno le caratteristiche del pensiero dell’individuo e le possibilità che questo avrà di assoggettare la fantasia alla prova di realtà.
Potete leggere questo articolo anche sul blog di Salvatore Martini.