Nel 2002, mentre finivo il mio dottorato di ricerca a via dei Sabelli, decisi di metter su insieme a due amici – Fabio Bocci e Pier Paolo Colombo – una sorta di gruppo di lavoro. Il gruppo era pensato come un luogo ove far fermentare, liberi dai vincoli delle nostre rispettive attività quotidiane, idee, stimoli, linee di pensiero e di ricerca interessanti. Il suo carattere distintivo era una esplicita vocazione all’interdisciplinarietà: voleva quindi essere prima che uno spazio di ricerca, uno spazio di cultura (che delle ricerca è sempre un sano presupposto). Visto il mio amore per Borges, e in particolare per un suo racconto, chiamai il gruppo “Asterione” (mi erano care alcune immagini, quali quella del labirinto e della sorpresa).

Un’altra mia esigenza era quella di creare uno spazio più “speculativo” rispetto a BombaCarta, l’associazione che frequentavo più o meno dal 1999, che mi dava innumerevoli stimoli senza però aiutarmi a sistematizzarli. Gli incroci con BombaCarta a ogni livello hanno accompagnato Asterione lungo tutto il suo percorso.

Qualche anno più tardi diramai un invito ad amici e colleghi di varie formazioni. La proposta piacque e il gruppo divenne più esteso e più operativo. Nel frattempo, si aggiunsero alcuni miei ex studenti del CdL in Educatore Professionale di Comunità. Il gruppo lavorava a regime e produceva iniziative interessanti, rivolte non solo ai propri membri ma anche all’esterno. Fra esse ricordo con un certo piacere le due “Officine di psichiatria” e una bella serata sul sogno (realizzata grazie a Salvatore Martini).

Nel frattempo, proseguivano i nostri incontri mensili che rappresentavano anche la nostra quotidianità. Senonché, intorno al 2010, mi resi conto che il gruppo si stava sbilanciando in una direzione che non mi rassicurava affatto. L’investimento dei partecipanti era molto alto, ma il gruppo aveva iniziato a “specchiarsi” un po’ troppo, a chiudersi, a ripetersi. In pratica, a diventare un po’ narciso e quindi, inevitabilmente, sterile. Provai ad introdurre alcune correzioni (in particolare una migliore sinergia con BombaCarta, di cui avevamo anche preso un laboratorio in “subappalto”), senza particolare successo. Il gruppo “resisteva” al cambiamento e a una richiesta di maggiore permeabilità. Quindi presi una decisione drastica: la chiusura (in realtà la fusione in BombaCarta, ma siccome quasi nessuno vi partecipò, di fatto il gruppo morì).

A posteriori mi chiedo se avrei potuto o dovuto guidare il processo (o altri processi) in modo più paziente e prudente e probabilmente la risposta è sì; d’altronde, BombaCarta mi richiamava a sempre maggiori attenzioni e si proponeva, competitivamente, come uno spazio fertile e promettente. Oggi forse farei scelte diverse, ma oggi mi troverei anche di fronte a un bivio diverso.

Il sito, benché il gruppo fosse chiuso, rimase online fino al 2017 per motivi più che altro documentali: conteneva una traccia del nostro lavoro e qualche materiale interessante (tra cui l’intervista che Salvatore Martini fece a Raffaele Castria sul teatro integrato, che rimane una delle cose di cui sono più fiero). Alla fine, passati sette anni, decisi (anche per pigrizia) che il tempo della pensione fosse giunto anche per il sito e non rinnovai il dominio.

Qui inizia una curiosa seconda vita onine di Asterione: dopo alcuni mesi mi accorsi che i contenuti erano ancora tutti lì, ma non erano più miei: qualcuno aveva comprato il dominio libero (questa è pratica comune) e lo aveva ripopolato con i vecchi contenuti “succhiati” probabilmente da una copia d’archivio. Nel sito erano piazzate pubblicità di pillole dimagranti e altre fesserie (grazie al cielo nemmeno troppo imbarazzanti) che erano probabilmente l’obiettivo del furto di dati: usare il traffico proveniente dai link ancora attivi per guadagnare qualche click.

Questo tipo di cybersquatting mi giunse totalmente nuovo e mi ha insegnato a non lasciare mai più libero un dominio. È stato, a dire il vero, piuttosto scioccante. Il danno era poco (il traffico negli anni era divenuto molto basso) e le speranze di risolvere la situazione minime, quindi me ne sono fatta una ragione – per un po’. All’inizio del 2019 ho deciso di fare comunque un tentativo e ho inviato una sorta di cease and desist a tutti gli indirizzi disponibili (in particolare il registrar e l’host, che hanno poi contattato l’owner). Nel frattempo ho registrato il nuovo dominio asterione.net e ho ripristinato il vecchio sito così com’era con l’intenzione di ripuntare tutti i link a mia disposizione sulle nuove pagine e far sparire per quanto possibile l’impostore dai motori di ricerca.

In realtà la cosa ha funzionato meglio del previsto: in meno di ventiquattro ore il sito rubato è stato messo offline (il furto di identità dev’essere stato un tema sensibile). E io mi sono ritrovato con Asterione di nuovo online. E col dubbio di cosa farne.

Ho deciso quindi di aggiornare il tema (usandone uno di default di WordPress al posto di quello ormai invecchiatissimo creato da me nel 2002) e di mantenere tutti i contributi che in qualche modo certifichino la nostra storia e possano essere di utilità o di ispirazione per il futuro. Notizie, avvisi, informazioni estemporanee o troppo invecchiate sono state invece rimosse.

Negli anni successivi al 2010 ho anche provato a riattivare gruppi con simili finalità, ma per vari motivi non è scattato mai quel “clic” che li facesse decollare. Non escludo possa succedere in futuro. Nel frattempo, lasciamo sonnecchiare Asterione qui.

Per altre informazioni e contatti, rinvio alla mia pagina personale.


2023-01-06 – Aggiornamento: A sorpresa, controllando per caso, ho scoperto che il dominio asterione.org è tornato libero e l’ho registrato nuovamente: è quindi tornato di mia proprietà e ha attualmente un redirect a queste pagine.

Nel frattempo ho aperto un Substack che potrebbe costituire, in via molto ipotetica, un primo passo per la riapertura di questo sito.